Insegnare l’antropologia culturale nelle scuole per sconfiggere integralismo, radicalismo e razzismo. Lo hanno chiesto alle Istituzione dell’UE i rappresentanti delle associazioni antropologiche europee che si sono riuniti nei giorni scorsi a Milano rispondendo all’appello delle due sigle italiane, Anuac e Aisea. E’ singolare che in un mondo sempre più globalizzato e multiculturale, dove forme di vita, tradizioni, identità e religioni diverse convivono gomito a gomito, manchi totalmente nelle nostre scuole una qualsiasi educazione alla differenza. Che sarebbe invece il presupposto indispensabile per costruire un dialogo interculturale pacifico. Insomma conoscenza contro diffidenza. E contro violenza. Che spesso nascono dall’ignoranza reciproca. E dalla paura dell’altro. E’ paradossale, secondo Cristina Papa, presidente Anuac, che in uno scenario del genere la scuola, che avrebbe il compito di formare i cittadini di domani, non preveda l’insegnamento dell’antropologia, l’unica scienza che studia proprio le differenze, ma anche la compatibilità tra culture, modi di vita, usi e costumi dei diversi popoli. E che oggi sarebbe fondamentale sia per i ragazzi europei sia per i migranti di seconda e terza generazione che, sempre più spesso reagiscono negativamente all’impatto con il paese ospitante. Col risultato, che è sotto i nostri occhi, di rinchiudersi nella propria apartheid identitaria. E di radicalizzare la propria origine, o la propria religione, trasformandole in un’arma a disposizione del fondamentalismo. E’ indispensabile che la scuola e l’università colmino questo anacronistico ritardo formativo. E facciano della competenza antropologica la chiave di volta di un nuovo umanesimo.
Pezzo scritto dall’antropologo Marino Niola per la rubrica “Miti d’Oggi” di Repubblica.
giusto