Resistere Per Esistere – La Resistenza Sioux Contro la DAPL

Resistere Per Esistere – La Resistenza Sioux Contro la DAPL

“Sabato 2 Aprile, North Dakota. Decine e decine di nativi americani appartenenti alla Standing Rock Nation dei Sioux, agli Cheyenne River Lakota e ai Rosebud Sioux attuano una protesta per opporsi alla costruzione dell’oleodotto denominato “Dakota Access Pipeline”. Questo oleodotto prevede l’attraversamento della riserva Dakota e, soprattutto, passerebbe al di sotto del letto del fiume Missouri, unica fonte d’acqua potabile per l’intera riserva. I nativi americani hanno manifestato a cavallo, recandosi fino ai terreni in cui dovrebbero iniziare i lavori di costruzione del’oleodotto, occupandoli e assicurando che la loro protesta non si sarebbe conclusa fin quando non fosse annullato il progetto dell’oleodotto. I nativi hanno costruito un accampamento nelle zone in cui dovrebbe passare l’oleodotto con lo scopo di bloccare i lavori. “Non abbiamo bisogno di petrolio per vivere, ma dell’acqua. Acqua che è un diritto umano, non un privilegio” queste le parole di uno dei manifestanti nativi.”

Questo quello che scrivevo ad aprile per quanto riguarda la protesta e la lotta della Standing Rock Nation dei Sioux contro la costruzione dell’oleodotto “DAPL” (Dakota Access Pipeline) che sarebbe passato attraverso la riserva dei nativi passando al di sotto del fiume Missouri. Queste erano le prime notizie che trapelarono dagli USA al riguardo di quella che sembrava essere, nonostante l’immensa mobilitazione e l’occupazione dei terreni, una protesta temporanea e costretta a terminare di li a poco. E invece no, fortunatamente questo scenario non si è presentato. Infatti oggi a distanza di quasi 7 mesi, non solo i Sioux di Standing Rock ma anche nativi di altre tribù e altre First Nation, attivisti e civili hanno abbracciato la protesta dando vita ad una vera e propria lotta di resistenza ad oltranza fin quando il progetto di costruzione del DAPL non verrà abbandonato dal governo statunitense.

Il progetto di costruzione del Dakota Access Pipeline venne presentato nel 2014, suscitando già allora l’immediata protesta e opposizione dei nativi della riserva di Standing Rock. Oggi nel 2016 si contano più di 800 attivisti e manifestanti che presiedono stabilmente i territori interessati dai lavori di costruzione dell’oleodotto; attivisti e manifestanti in gran parte appartenenti alle tribù di nativi americani che si identificano come “protettori” sia delle proprie terre sacre, sia del fiume Missouri, unica fonte d’acqua della riserva di Standing Rock. Di questi 800 manifestanti, almeno 400 sono stati arrestati ad agosto durante i duri scontri avvenuti con le forze dell’ordine e dell’esercito in tenuta antisommossa schierati a difesa del sito in cui avvengono i lavori di costruzione.

Il 14 settembre la situazione, che sembrava essersi stabilizzata e aver perso la sua forza dopo gli arresti avvenuti in agosto, si è riaccesa dando vita a nuove proteste ancora più violente, riottose e combattive. Questo perchè il ricorso presentato dai Sioux di Standing Rock contro l’opera per la mancata consultazione delle popolazioni locali prima di dare il via libera alla costruzione dell’oleodotto è stato respinto portando ad un inevitabile inasprimento delle proteste dei nativi e degli attivisti che supportano la lotta contro la DAPL.

Da quel momento la tattica adottata dal movimento è stata quella della resistenza ad oltranza e dell’azione diretta volta ad impedire fisicamente l’avanzamento dei lavori tramite azioni di sabotaggio e l’occupazione dei territori. Tutto questo ha inevitabilmente avuto come risposta l’aumento degli arresti, della repressione e delle violenze perpetuate dalle forze dell’ordine ai danni degli attivisti.

Nonostante il fatto che stiano ricevendo da mesi come unica risposta politica la violenza e la repressione degli agenti di polizia e dell’esercito, i nativi e gli attivisti hanno mantenuto la protesta su un piano pacifico, limitandosi ad atti ed azioni di disobbedienza civile più che legittimi. Le provocazioni delle autorità e della compagnia Dakota Access continuano con l’intento di scatenare una reazione violenta da parte del movimento di protesta di Standing Rock cosi da giustificare ogni tipo di repressione ed arresto.

Ad oggi 11 novembre le proteste contro la DAPL proseguono, vedendo aumentare ogni giorno il numero di manifestanti che abbracciano la lotta iniziata l’aprile scorso dai Sioux della Standig Rock Nation, perchè come sostiene il movimento questa lotta contro la costruzione dell’oleodotto è una lotta di tutti coloro che vogliono opporsi allo sfruttamento e alla distruzione dei territori da parte delle multinazionali mosse solamente dai propri interessi capitalistici che, con l’aiuto della violenza e della repressione poliziesca-militare, vengono difesi da chiunque cerchi, legittimamente e giustificatamente, di sabotarli ed opporsi ad essi.

“Ancora una volta si evidenzia l’importanza della resistenza concreta, del sabotaggio e della disobbedienza civile per opporsi all’egemonia di un’unica visione del mondo: quella capitalistica dell’uomo bianco in cui tutti hanno un prezzo e tutti possono essere comprati, sottomessi e sfruttati, natura in primis.” Così si concludeva l’articolo che scrissi ad aprile, ed oggi queste parole risultano ancora più vere dopo mesi di proteste e di brutale repressione.

I STAND WITH STANDING ROCK – NO DAPL

(Immagini prese dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/Standing-Rock-Rising-1131347910264898/?fref=nf)

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.