Resistenze Indigene – Il Disastro di Tucapel e la Battaglia di Marihuenu

Resistenze Indigene – Il Disastro di Tucapel e la Battaglia di Marihuenu

I Mapuche, popolo originario del Cile centrale e meridionale (Araucania) e della Patagonia, si sono sempre contraddistinti, nel contesto latinoamericano, per il coraggio dimostrato nel resistere e nel combattere l’invasione dei conquistadores spagnoli. Coraggio che continua ancora oggi ad animare il popolo Mapuche, costretto a dover fronteggiare nuove minacce figlie dello sfruttamento capitalista dei territori del Sud del mondo, come il saccheggio di risorse e la devastazione dei territori indigeni. Un popolo per niente disponibile a chinar la testa dinanzi alla violenza repressiva degli organi polizieschi-militari statali schierati a difesa degli interessi neoimperialisti delle grandi multinazionali (Benetton) che depredano e devastano i territori in nome del profitto e del Capitale. Un popolo che, oggi come in passato, riconosce l’importanza della resistenza armata per difendere la propria autonomia e la propria libertà dalla minaccia dell’imperialismo europeo (prima) e dal neoimperialismo neoliberista (oggi). I Mapuche sono un popolo guerriero disposto a combattere fino alla morte pur di difendere la propria autonomia. L’argomento di cui parlerò in questo articolo, ossia la Battaglia di Tucapel, rappresenta nel modo migliore la resistenza tenace dei guerrieri Mapuche dinanzi all’invasione dei conquistadores spagnoli.

La Battaglia di Tucapel, passata alla storia anche con il nome di “Disastro di Tucapel”, è stata combattuta il 25 dicembre del 1553 tra i conquistadores spagnoli guidati da Pedro de Valdivia e i guerrieri Mapuche al seguito di Lef-Traru (in seguito rinominato Lautaro dagli spagnoli). Questa battaglia viene storicamente considerata parte della prima fase della Guerra di Arauco, il cui inizio si fa risalire alla Battaglia di Reynoguelen del 1536.

Lef-Traru, figlio di un “lonko” (Capo di Pace) Mapuche, fu catturato in giovane età da un gruppo di colonizzatori spagnoli che lo consegnarono a Pedro de Valdivia, diventando così il suo servitore personale. Durante la sua permanenza, non certo da uomo libero, presso Valdivia, Lef-Traru (ormai rinominato Lautaro dagli spagnoli) riuscì ad imparare le tecniche militari dei conquistadores; tecniche che avrebbe successivamente utilizzato nella Battaglia di Tucapel per sconfiggere proprio gli spagnoli. Durante l’adoloscenza Lef-Traru fuggì facendo ritorno in mezzo alla sua gente e grazie alle tecniche belliche imparate dai conquistadores e al suo carisma riuscì a raggruppare un buon numero di guerrieri Mapuche, formando così un esercito indigeno in grado di fronteggiare e sconfiggere gli invasori spagnoli.

Pedro de Valdivia, conquistador spagnolo che era già stato tenente di Francisco Pizarro nelle missioni di conquista del Perù, era a capo della spedizione in terra mapuche e fu lui a costruire le prime città e i primi forti, tra cui quelli di Tucapel e di Purèn, nel territorio cileno conquistato. Intorno ai primi di dicembre del 1553 Valdivia lasciò la città di Concepciòn e, dopo aver formato delle truppe esigue, intraprese un viaggio verso l’area di Arauco, anch’essa città situata in territorio indigeno. La spedizione di Valdivia fu intercettata da delle sentinelle mapuche che però si limitarono a riferire il tutto a Lef-Traru, invece di compiere un agguato ai danni delle truppe spagnole. Nello stesso momento Valdivia non riusciva a spiegarsi il motivo per cui non trovava alcun segno di resistenza indigena al suo passaggio e al passaggio delle truppe spagnole in territorio mapuche.

Nel dicembre del 1553 centinaia e centinaia di guerrieri mapuche guidati dal “toqui” (Capo di Guerra) Lef-Traru attaccarono e distrussero il Forte di Tucapel. Nel mentre Valdivia, che era partito da Concepcìòn con solo 50 soldati, inviò un messaggero a Forte Purèn per chiedere rinforzi; rinforzi che non arrivarono mai poichè il messaggero fu intercettato dai guerrieri mapuche.

Dopo una notte e mezza giornata, il 25 dicembre, Valdivia e i suoi uomini giunsero finalmente al forte di Tucapel, ma lo trovarono completamente distrutto e perciò decisero di accamparsi nei pressi di ciò che rimaneva del forte. Proprio in questo momento i guerrieri mapuche, che avevano assistito nascosti nella foresta all’arrivo di Valdivia e dei soldati spagnoli, decisero di compiere un primo assalto che però, inizialmente, fu repsinto dalla superiorità militare dei conquistadores. Dopo aver respinto nella foresta il primo gruppo guerriero mapuche, i soldati spagnoli pensarono di aver sventanto la minaccia di un secondo agguato, ma si sbagliarono completamente. Infatti poco dopo un secondo gruppo di guerrieri mise in atto uno spettacolare assalto che sorprese le truppe di Valdiva, infliggendo loro gravi perdite. I soldati spagnoli che ebbero la fortuna di non cadere sul campo di battaglia, fuggirono immediatamente. Solo in questo momento apparve Lef-Traru, alla guida di un terzo gruppo di guerrieri, deciso ad uccidere i soldati spagnoli rimasti in vita ma sopratutto mosso dal desiderio di catturare Pedro de Valdivia, il quale dal canto suo cercò di radunare i pochi e malconci soldati rimasti per tentare un controattacco. Quando capì che ormai la battaglia era persa e dopo aver visto tutti i suoi uomini uccisi, Valdivia tentò la fuga ma finì per rimanere bloccato in una palude ed essere raggiunto dai guerrieri mapuche al seguito di Lef-Traru. Dopo la cattura Valdivia fu giustiziato dai guerrieri Mapuche, anche se sul modo in cui avvenne l’uccisione del conquistador ci sono parecchie versioni discordanti, tutte al limite tra Storia e leggenda.

In seguito al “Disastro di Tucapel” in cui persero la vita una cinquantina di soldati e il loro comandante Pedro de Valdivia, la sete di vendetta che animava i conquistadores spagnoli nei confronti dei Mapuche si tramutò presto in una spedizione punitiva guidata da Francisco de Villagra a capo di 180 uomini. Ancora una volta il coraggio, la tenacia e la volontà di difendere la propria libertà, permisero ai guerrieri mapuche di riorganizzarsi e di fronteggiare nuovamente i conquistadores. Lef-Traru riuscì a radunare 8000 guerrieri. Il 23 febbraio del 1554 ebbe così luogo la Battaglia di Marihuenu (dal nome della collina scelta dal capo mapuche per attaccare i soldati spagnoli) che vide ancora una volta uscire trionfanti i guerrieri indigeni.

In seguito a queste due vittorie mapuche, la violenza militare e la repressione dei conquistadores spagnoli, affamati di vendetta nei confronti dei coraggiosi e ribelli indigeni, si fecero sempre più brutali e portarono a due nuove battaglie, quella di Peteroa (1556) e quella di Mataquito (1557); queste due battaglie sancirono due pesanti sconfitte per i Mapuche, sopratutto in termini di vite umane (morirono complessivamente più di 1000 guerrieri). Il toqui Lef-Traru fu ucciso e decapitato proprio durante la Battaglia di Mataquito, che decretò la fine di uno dei leader più coraggiosi e rappresentativi della resistenza mapuche all’invasione e alla colonizzazione spagnola nei territori indigeni cileni e argentini.

Il racconto di queste due battaglie vuole essere un modo per sottolineare ancora una volta la lotta dei Mapuche per la libertà e per la propria autonomia; una lotta per sottrarsi al dominio del colonialismo e dell’imperialismo spagnolo in passato, una lotta per difendersi dall’idra capitalista che saccheggia e devasta i territori e che sfrutta, uccide e reprime i popoli che si ribellano in nome della libertà oggigiorno.

 

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.