I Tuareg – Insurrezione, Nomadismo e Resistenza allo Stato-Nazione

I Tuareg – Insurrezione, Nomadismo e Resistenza allo Stato-Nazione

Nel 1990 scoppia l’insurrezione armata dei Tuareg contemporaneamente sul fronte del Mali e su quello del Niger, insurrezione per contrastare la tendenza dei due stati di spartirsi e annettere il territorio Tuareg, controllando e rendendo stanziali le varie tribù nomadi Tuareg. Nel maggio del 1990, successivamente ad uno scontro tra insorti e l’esercito e la conseguente repressione militare inizia l’insurrezione armata Tuareg in Niger. Il conflitto armato Tuareg si caratterizza per una fondamentale particolarità, ovvero il fatto che sia emerso contemporaneamente in due Stati confinanti: Mali e Niger. Questa insurrezione armata da inizio a quella che può essere definita a tutti gli effetti una guerra civile, durata 6 anni e che ha provocato migliaia e migliaia di morti.

L’idea che esista un “particolarismo Tuareg”, utilizzata dalle varie autorità politiche statali per delegittimare le rivendicazioni autonomiste degli insorti e da contrapporre all’universalismo della modernità incarnata dallo Stato-Nazione, è la tendenza razzista e discriminatoria con cui è stata trattata la questione Tuareg. I Tuareg vengono visti come una minoranza ingombrante e di difficile gestione per le autorità politiche degli stati sovrani in quanto popolo nomade difficilmente controllabile per uno Stato-Nazione.

Le autorità politiche di Mali e Niger non considerano l’insurrezione armata Tuareg come la reazione logica alle ingiustizie, alle repressioni e alle violenze subite, bensì l’espressione diretta dell’indole tuareg caratterizzata da disordine e disorganizzazione, aspetti riconducibili al loro essere un popolo nomade. Inoltre le autorità politiche di Mali e Niger sono convinti dell’idea che i Tuareg non siano un vero e proprio popolo caratterizzato da omogeneità ed unità, ma solamente un insieme di tribù nomadi isolate. Questa retorica perpetuata dalle autorità politiche statali non fa altro che rafforzare e giustificare la tendenza dei governi di Niger e Mali a ritenere illegittime le richieste di autonomia espresse dagli insorti Tuareg; e inoltre ribadisce il totale rifiuto delle autorità governative di dialogare con il popolo Tuareg e ascoltare le sue rivendicazioni.

I Tuareg rappresentano, come evidenziato sopra, un caso di difficile gestione per lo Stato-Nazione moderno che basa la sua esistenza e la sua legittimità sul controllo di un territorio delimitato da precisi confini e della popolazione che vive stabilmente su quel territorio. I Tuareg storicamente manifestano la loro appartenenza ad una specifica comunità, come sostengono loro ad una “nazione nella nazione” e contemporaneamente ribadiscono la loro identità Tuareg collettiva che convive con il loro stile di vita nomade transnazionale e transfrontaliero.

L’esistenza stessa del popolo Tuareg si presenta come il migliore esempio da contrapporre all’artificialità e illegittimità degli Stati moderni concepiti come entità omogenee, che tendono all’esclusione e che sono delimitati da confini artificiali che non solo dividono popoli, comunità e tribù (come avviene in Africa dal periodo coloniale ad oggi) ma che impediscono lo spostamento ed il movimento libero dei popolo nomadi che non vogliono perdere la propria autonomia. Sintetizzando molto si può sostenere senza grossi problemi che il popolo Tuareg rappresenta un ottimo esempio di trasgressione all’ordine politico vigente dominato dallo Stato-Nazione caratterizzato da confini e popolazioni stanziali-sedentarie.

Le autorità politiche del Niger e del Mali hanno portato avanti un discorso politico sulla questione Tuareg per dimostrare il carattere illegittimo e inaccettabile delle loro rivendicazioni basato su degli assunti comuni. Innanzitutto i vari governi tendono a sottolineare l’inesistenza di un mondo Tuareg omogeneo e unito politicamente ed economicamente. Questa posizione si fonda sulla diffusa convinzione che un popolo nomade non può “possedere” nessun territorio, in quanto i nomadi sarebbero a tutti gli effetti “uomini senza patria” e perciò senza terra e senza stato.

Da questi discorsi e da queste posizioni emerge il paradigma evoluzionista intrinseco nei discorsi e nelle azioni delle autorità politiche e militari per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti della “questione Tuareg”. Infatti viene perpetuata la convinzione che i Tuareg, in quanto popolo nomade e privo di entità statale, rappresentano uno stadio primitivo dell’evoluzione sociale e politica umana. Questo stadio primitivo dell’evoluzione sarebbe caratterizzato da una carenza di razionalità economica, incapacità di organizzare la vita politica, l’assenza dell’idea di nazione e di unità, tutte caratteristiche riconducibili, secondo un ottica evoluzionista tipicamente etnocentrica, alla mancanza di civiltà e di razionalità dei popoli nomadi. Questo paradigma evoluzionista viene utilizzato come giustificazione per le violenze commesse dagli eserciti statali e dalle milizie paramilitari ai danni dei Tuareg, intesi come nemici del progresso e della modernità e al contempo visti come popolo bloccato ad uno stadio primitivo ed arretrato (ovvero il nomadismo) ed in netta controtendenza con il mondo moderno “evoluto”, “civilizzato”, dominato dallo Stato-Nazione, dai confini e dalla sedentarizzazione.

L’insurrezione armata del popolo Tuareg per opporsi alle repressioni, alle violenze, alle discriminazioni perpetuate dalle autorità statali pongono un quesito fondamentale alla modernità: Com’è possibile resistere all’ordine politico imposto dall’esterno e com’è possibile sopravvivere e rivendicare la propria autonomia contro le tendenze egemoniche e le violenze perpetuate dagli Stati-Sovrani?

(Articolo ispirato dall’articolo di Helene Claudot-Hawad “Rivolta tuareg e Stati: iato culturale o mancanza di democrazia?”)

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.