Apprendimento autodiretto nel selvatico e motivazione intriseca: affinità tra pedagogia del bosco e un artista Yanomami.

Apprendimento autodiretto nel selvatico e motivazione intriseca: affinità tra pedagogia del bosco e un artista Yanomami.

– La mia mente si è aperta al disegno quando ero ancora piccolo. Andavo a caccia di divertimento nella foresta e finivo per disegnare sugli alberi o per terra dopo aver levato le foglie morte. Disegnavo sulle foglie degli alberi usando la punta delle spine. A quel tempo disegnavo anche sul tronco degli alberi con il carbone. Crescendo ho continuato a disegnare finchè non ho preso coscienza di ciò che stavo facendo. Allora mi sono chiesto: “Come posso disegnare le cose che vedo?” Ci ho preso gusto e ho continuato a disegnare in questo modo, crescendo e aprendo la mia mente giocando. E’ così che ho imparato a disegnare. […] Sono uno Yanomami, quindi la mia mente si è aperta a poco a poco al disegno nella foresta. Non è accaduto in città. Nessuno me l’ha insegnato. E’ stata la foresta a insegnarmi a disegnare. E’ stato giocando in mezzo alla foresta che la mia mente si è davvero aperta al disegno. E’ così che ho iniziato a disegnare ed è per questo che continuo ancora oggi. –

Queste sono le parole di Joseca, un artista yanomami, riportate nello splendido Lo Spirito dell Foresta di Davi Kopenawa e Bruce Albert.

Due temi principali della pedagogia del bosco, sia in Italia che nel resto del mondo, sono l’immersione nel selvatico e il gioco spontaneo come forma privilegiata dell’apprendimento autodiretto dei bambini e delle bambine. 

Partendo dalla seconda tematica, il gioco, ovvero l’attività principale di ogni bambino/a, è un fenomeno spontaneo perchè risponde al loro bisogno naturale di esplorare, agire, cimentarsi e affrontare difficoltà e sfide, provare e riuscire a superarle, di apprendere tramite prove, fallimenti ed errori e tanto altro. L’apprendimento autodiretto tramite il gioco affonda le proprie radici nella motivazione intrinseca, in cui i bambini e le bambine sono protagonisti attivi dei propri percorsi. E’ importante quindi per comprendere la motivazione intrinseca di bambini e bambine tutta quella parte esperienziale di gioco e della vita quotidiana, poichè è questa la dimensione in cui si manifestano al meglio tutti quegli aspetti non legati all’aspetto cognitivo dell’apprendimento. Inoltre la motivazione intrinseca è collegata fortemente con ciò che sta al di fuori di sé, ovvero con il contesto formato dall’ambiente in cui siamo immersi e con le relazioni che instauriamo con gli altri.

E’ qui che subentra il primo tema, l’immersione nel selvatico, e la sua importanza nei progetti di apprendimento autodiretto in natura.

Per immersione nel selvatico si intende “il contatto continuo e intenzionale con un ambiente selvatico fin dai primi anni di vita come base imprescindibile per uno sviluppo sano ed equilibrato dei bambini e lo sviluppo di tutte le competenze essenziali per l’apprendimento e la vita”.

Immergersi nel selvatico in maniera prolungata e costante, oltre al fornire a bambine e bambini un ambiente ricco di stimoli differenti, possibilità e sperimentazioni motorie e sensoriali, esperienze caratterizzate da varietà e ricchezza che nessun ambiente antropizzato può offrire, permette di ripensare e superare un approccio antropocentrico nel rapporto con l’ambiente naturale e con le altre specie viventi.

Nel racconto dell’artista yanomami Joseca, queste due dimensioni estremamente interconnesse tra loro emergono in maniera evidente, mostrandoci come l’apprendimento autodiretto, nel suo caso il disegno, sia stato possibile solamente attraverso il gioco spontaneo e il contatto diretto con la foresta. Questo appare “normale” a Joseca quando ne parla proprio perchè nella sua cultura d’appartenenza non esiste una separazione antropocentrica e prettamente occidentale tra la terra-foresta (urihi a), gli essere umani e le altre forme del vivente, tra natura e cultura. La foresta per gli Yanomami e in particolare per Joseca ricopre lo stesso ruolo (attivo) del bosco e del selvatico per la pedagogia del bosco; non uno sfondo o uno strumento ma co-autore e co-responsabile dei percorsi di apprendimento di ogni essere umano, delle piccole persone così come degli adulti.

Ritengo sia interessante concludere questo flusso di riflessioni ponendo l’attenzione su due frasi in particolare di Joseca, due frasi strettamente collegate: “nessuno me lo ha insegnato” e “è per questo che continuo ancora oggi”, che esprimono in maniera netta l’importanza dell’apprendimento autodiretto e della motivazione intrinseca, quella che esiste dentro di noi e non è subordinata a interferenze, richieste o al raggiungimento di obiettivi imposti dall’esterno e da altri.

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.

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