La Sparatoria di Pine Ridge e l’Arresto di Leonard Peltier

La Sparatoria di Pine Ridge e l’Arresto di Leonard Peltier

 

In un articolo di ieri riportavo la lettera scritta dal carcere di Leonard Peltier a sostegno della resistenza della Standing Rock Nation dei Sioux contro la decisione governativa di costruire un oleodotto nelle terre appartenenti di diritto alle popolazioni indigene native (potete trovare l’articolo in questione a questo link: http://anarcoantropologo.altervista.org/lettera-leonard-peltier-sostegno-della-lotta-standing-rock/#comments). Oggi invece vorrei esporre le vicende che vedono coinvolto Leonard Peltier ed evidenziare come mai questo attivista per i diritti dei nativi americani si trovi in carcere dal 1977.

Come già detto, Leonard Peltier era un militante dell’AIM (American Indian Movement) ed è tuttora un attivista per i diritti dei popolo nativi ed indigeni del Nord America che fu arrestato nell’ormai lontano 1977 e condannato a due ergastoli poichè accusato, durante un processo con più ombre che luci, del presunto omicidio di due agenti del FBI durante una sparatoria avvenuta nella riserva di Pine Ridge nel 1975.

I due agenti del FBI in questione, R.William e J.Coler, si recarono alla riserva di Pine Ridge nel Sud Dakota poichè erano sulle tracce di un giovane nativo di nome Jimmy Eagle, accusato di aver assaltato e rapinato due ranch locali. Arrivati a Pine Ridge i due agenti si avvicinarono ad un veicolo che rispondeva all’identikit della vettura posseduta da Eagle, anche se al suo interno non c’era il ricercato bensì Peltier e altri individui. Non si sa chi aprì il fuoco o perchè, sta di fatto che scoppiò una sparatoria al Jumping Bull Ranch (sempre all’interno della riserva di Pine Ridge) tra Peltier e gli altri suoi compagni presenti nel veicolo (a quanto pare armati di fucili) e i due agenti. I due agenti chiamarono rinforzi e durante il pomeriggio accorsero altre pattuglie del FBI e della polizia locale per rispondere al fuoco di Peltier e compagni che ormai si erano barricati nel ranch. La scontro a fuoco si concluse con la morte dei due agenti e di un nativo-americano (Joe Stuntz) e con la fuga di Peltier e gli altri suoi compagni scampati alla sparatoria. Iniziò in questo modo una vera e propria caccia all’uomo, sopratutto una caccia a Leonard Peltier, che durò quasi 8 mesi e terminata con l’arresto dell’attivista avvenuto in Canada.

Si aprì cosi un processo nella cittadina di Fargo, in North Dakota, contro Peltier e altri due indiani coinvolti nella sparatoria. Il primo fu accusato dell’omicidio dei due agenti e condannato a dover scontare due ergastoli, mentre i suoi due compagni furono sollevati dalle loro accuse poichè agirono secondo legittima difesa. Nonostante le irregolarità del processo (una giuria di soli bianchi in una città storicamente pervasa da sentimenti anti-indiani) Peltier si trova ancora in carcere, dopo quasi 40 anni. E nonostante nel corso degli anni furono dimostrate più volte l’innocenza di Peltier e l’irregolarità del processo.

“Dopo cinque anni, accurati esami balistici riuscono a provare che i proiettili che uccisero i due agenti non appartenevano all’arma di Leonard, e alcuni dei testimoni che lo avevano accusato ritirano le loro dichiarazioni, confessando di essere stati minacciati dall’FBI. A Leonard è stata negata la possibilità di avere una revisione del processo, nonostante le prove che dimostrano la sua innocenza”, così scrive Andrea De Lotto, che aggiunge ” Leonard Peltier è in carcere perché lottava per i diritti del suo popolo e la sua storia è un esempio delle tante ingiustizie che avvengono in ogni parte del mondo e che vengono taciute perché “scomode”.

E anche dopo 40 anni di ingiusta permanenza in carcere, dopo due tentativi di suicidio e condizioni di salute instabili, Peltier non smette di anelare alla libertà, di ribellarsi e di opporsi a questo sistema, di appoggiare le nuove lotte emerse in North Dakota contro la costruzione della Dakota Access Pipeline e la resistenza delle First Nation per la salvaguardia della terra, dell’ambiente e della storia dei popoli indigeni. Perchè dopotutto, nonostante continuino a passare gli anni, le lotte degli attivisti e delle popolazioni native rimangono le stesse, tutte orientate a difendere i propri diritti e a rivendicare la propria dignità dinanzi ad un sistema che non smette di opprimerli, reprimerli e considerarli come cittadini di serie Z e che vede negli esseri umani e nella natura dei semplici strumenti di sfruttare per raggiungere il profitto.

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.