Dalla deriva urbana all’immersione nel selvatico

Dalla deriva urbana all’immersione nel selvatico

appunti e riflessioni per un possibile incontro tra psicogeografia, situazionismo e pedagogia del bosco

Che cos’è un luogo?

Cosa intendiamo con selvatico? e con senso del luogo?

Come ci muoviamo nello spazio e nei luoghi?

Come ci relazioniamo ad essi?

Come possiamo decostruirli e risignificarli?

Che affinità e divergenze ci sono tra la deriva urbana e l’immersione nel selvatico?

Queste e altre domande stanno occupando la mia testa ormai da mesi, emerse in seguito ad un un’incontro di formazione di Pedagogia del Bosco una mattina di fine ottobre e dopo che con una decina di persone siamo partiti alla deriva per un’ora. Abbiamo giocato alla deriva, come fossimo nella Parigi degli anni sessanta, ma invece di essere degli psicogeografi situazionisti girovaghi dell’urbe siamo degli e delle accompagnatori/accompagnatrici del bosco. Prima di cominciare, ciascun membro del gruppo ha dovuto pescare un’indicazione scritta su un bigliettino e leggerla senza condividerla con i propri compagni e compagne di avventura. Una volta che tutti e tutte hanno pescato la loro indicazione, il gruppo ha deciso in quale direzione muoversi e ha iniziato a camminare per 5 minuti, dando inizio alla deriva. Passati i primi 5 minuti, in ogni momento un membro del gruppo alla volta poteva scegliere di condividere la sua indicazione ed eseguirla da solo o chiedendo l’aiuto degli altri e delle altre partecipanti alla deriva.

La deriva possiamo definirla come una tecnica di passaggio veloce attraverso svariati ambienti, prettamente urbani; come un comportamento ludico-costruttivo che rispecchia effetti di natura psicogeografica e per questo si distingue da altre tipologie di spostamento a piedi come il viaggio o la passeggiata. Prima ancora di Guy Debord, la deriva fu un’intuizione geniale e visionaria di Gilles Ivain e del suo nomadismo esistenziale agli inizi degli anni 50; parlando di deriva lui faceva riferimento ad un’attitudine all’esplorazione e allo spaesamento che, in una fase storica dominata dalla noia, dalla rassegnazione e dalla ripetizione, racchiudeva il senso della libertà incoraggiando la ricerca di passioni nuove e di incontri imprevisti.

La deriva si presenta dunque come pratica privilegiata della psicogeografia, intesa allo stesso tempo come gioco e metodo efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione e/o risignificazione dello spazio urbano e metropolitano nella sua interezza così come nel particolare di una zona, un quartiere o un isolato specifico.

Quali sono i punti di affinità e di divergenza quindi tra la deriva utilizzata dai situazionisti per rapportarsi ai luoghi e agli spazi urbani, e di conseguenza ri-significarli, e l’immersione nel selvatico come fondamentale esperienza sensoriale, emotiva e motoria alla base della pedagogia del bosco e per dare un senso al luogo, sia per gli adulti che per bambine e bambine?

L’ambiente (il selvatico, il fuori, ecc.) nella pedagogia del bosco non può definirsi semplicemente come uno ‘sfondo’ o uno scenario, nè come uno strumento a disposizione dell’adulto o un mero oggetto di studio. L’ambiente è uno dei protagonisti essenziali dei percorsi di apprendimento, ed è un elemento imprescindibile che porta un contributo insostituibile per la realizzazione di esperienze significative per persone piccole e grandi. Stare nel fuori, nel selvatico, non per “connetterci con la natura” ma per relazionarci con il luogo e i luoghi in un’ottica di reciprocità, e conseguentemente con tutto ciò che di non-umano li abita. Una relazione che, come tutte, si può costruire solamente attraverso un’esperienza e delle riflessioni dirette, intenzionali, ricercate e vissute appieno tramite la percezione, l’emozione e la paro

L’immersione implica il non stare ai margini dell’ambiente selvatico, ma la possibilità di entrarci ed esplorarlo al massimo delle proprie capacità fisiche ed emotive. I confini dell’immersione non sono mai posti a priori ma vengono determinati dagli interessi, dalle risorse e dai bisogni di ciascun bambino e di ciascuna bambina: nel fuori in ambiente naturale i confini sono determinati dalle relazioni sociali, dall’appartenenza al gruppo, dai bisogni personali e non da barriere fisiche, così come nella deriva urbana, la persona o il gruppo rinuncia per una durata di tempo più o meno lunga alle ragioni abituali di spostamento e agire e al modo convenzionale di spostarsi, che hanno a che fare con relazioni, lavori, svaghi, lasciandosi andare alle sollecitazioni del terreno e degli incontri.

Giunto a questo punto, mi sto chiedendo se tutto ciò non sia altro che un delirio scaturito dal ritrovare nella mia formazione attuale come accompagnatore del bosco, una mia fondamentale infatuazione giovanile quale è stato il situazionismo.

Continuerò ad andare alla deriva tra queste affinità e divergenze lasciando ad altri le strade già battute e seguendo le rotte inesplorate del mio delirio psicogeografico forse scriverò altre riflessioni su questo tema. Per ora questi sono solo appunti sparsi su deriva, psicogeografia, immersione nel selvatico e pedagogia del bosco.

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.