Appunti sparsi e sconclusionati su bambin*-alberi, apprendimento e ruolo dell’adulto

Appunti sparsi e sconclusionati su bambin*-alberi, apprendimento e ruolo dell’adulto

E’ tardi nel momento in cui sto scrivendo, l’orologio segna l’una di notte. Girovagando tra gli infiniti file di testo salvati sul mio pc mi sono imbattuto in una serie di risposte che avevo scritto per un questionario conoscitivo prima che iniziassi effettivamente a lavorare come accompagnatore del bosco. Rileggendole ho ricordato nitidamente dove fossi e come mi sentissi mentre le stavo scrivendo, come se tutto questo fosse successo ieri. Era un giorno di inizio settembre, il cielo coperto da nuvole e minacciante pioggia; uno di quei giorni in cui non fa né troppo caldo né troppo freddo, ma qualcosa nell’aria inizia ad annunciare l’arrivo dell’autunno. Uno di quei giorni in cui posso andarmene in mezzo al “mio” luogo “selvatico” preferito (che poi non è altro che una serie di campi e boschetti lungo un canale) e non incontrare anima viva, sedermi ad un tavolo e mettermi a leggere o ad osservare la natura attorno a me, i rami sottili degli alberi, gli scoiattoli che si rincorrono come abili scalatori in inseguimenti ad alta quota e i suoni del sottobosco che non so riconoscere. In quel giorno di inizio settembre, tra la lettura di un capitolo di Lasciatelo giocare di Peter Gray e infiniti minuti passati a fantasticare ad occhi aperti, trovai anche la spinta per rispondere alle domande di quel questionario. Domande che nessuno mi aveva mai fatto prima e che mi permisero di ragionare su temi che sono sempre stati al centro delle mie riflessioni: bambin*, educazione, regole, natura e tanto altro. Ero entusiasta, carico, pieno di idee ma anche spaventato per l’eventualità di non saperle esprimere e scrivere in maniera comprensibile per chi avrebbe dovuto leggerle. Alla fine tutto uscì come un flusso di coscienza, libero e selvaggio, prendendo forma da sè mano a mano che scrivevo. Quelle riflessioni sono state le prime che ho scritto in merito alla mia visione dell’apprendimento in natura ed ora possono anche apparire ingenue, romantiche o semplici filosofeggiamenti poco concreti; di certo oggi aggiungerei tante altre riflessioni anche dovute ad una maggior esperienza sul campo, ma rileggendole in questa notte di gennaio (ora l’orologio segna l’una e un quarto) sono ancora soddisfatto di quelle risposte, riesco ancora a riconoscermi e mi piace l’idea di pubblicarle (senza domande di riferimento) come appunti sparsi e sconclusionati su bambin*, alberi, apprendimento e ruolo dell’adulto. Buona lettura, stando sempre sui margini senza certezze!

  • Le regole, in ogni caso in cui sono calate dall’alto su una comunità che non partecipa alla decisione e condivisione di esse, sono per loro natura un qualcosa di autoritario, imposto e arbitrario che fa emergere, inconsciamente o meno, la volontà o il desiderio di ribellarsi o metterle in discussione. Le regole possono essere però viste come delle norme “di buona convivenza” solo nel momento in cui tutta la comunità, senza distinzioni di età, sesso, etnia e status sociale, partecipa insieme alla loro individuazione e ne condivide validità e importanza in un preciso momento e in precise circostanze. Le regole dunque non dovrebbero essere qualcosa di dato per sempre come immutabile, ma in continua evoluzione e discussione con l’evolvere delle persone e della comunità, dei tempi e dei luoghi vissuti da essa. 
  • Osservatore: la figura educativa adulta dovrebbe far sua la capacità di osservare il bambino/la bambina nel suo agire quotidiano, osservare con pazienza e innato interesse per le passioni, le abilità, le emozioni e le inclinazioni che ogni piccolo essere umano porta nel mondo attraverso le proprie uniche modalità.

Sensibile: nel guardare al mondo e alle persone (piccole e grandi). Sensibile nell’intercettare emozioni e stati d’animo altrui e nell’interfacciarsi ad essi validando e lasciando spazio anche ciò che non è sempre di facile comprensione o accettazione. Come insegna il relativismo culturale in antropologia: tentare di comprendere l’altro prima di tutto nella sua alterità.

Appassionato: ricco di interessi, di stimoli, di abilità e conoscenza, ma altrettanto aperto a conoscere il nuovo e a imparare dagli altri, tanto dai grandi quanto dai piccoli esseri umani. Appassionato nel condividere se stesso e le proprie passioni con gli altri e nel ricevere nuovi sguardi sul mondo dalle persone con cui condivide tempi e spazi insieme.

  • Mi piace pensare ad ogni bambino e ogni bambina come un albero con le sue peculiari caratteristiche. Come un albero perchè affonda le proprie radici in un terreno sia per sentirsi saldo al suolo che per cercare le sostanze nutritive di cui ha bisogno. Cosi i piccoli della nostra specie affondano le loro mani, i loro piedi, i loro pensieri in passioni e interessi che alimentano la loro scoperta del mondo, tenendosi saldi e al sicuro intorno ad essi ed intorno ad una comunità che fa da terreno fertile, rassicurante e sicuro. Poi come gli alberi, i bambini hanno rami che vanno verso il cielo, infiniti rami di infinite possibilità di scoperta, avventura, conoscenza, abilità, tensioni e passioni diverse, tutti accessibili ed esplorabili, anche quelli più sottili, alti o ritenuti da altri “pericolosi”. Ed esattamente come arrampicarsi su un albero permette di guardare il mondo da un’altra angolatura, da una differente altezza, notando cose che stando coi piedi per terra mai avremmo potuto scorgere, ogni bambino e ogni bambina ha uno sguardo unico e irripetibile sul mondo che lo circonda. Infine credo si possa affermare che come esistono infinità di specie e tipologie di alberi, esistano infinità di individualità, caratteri, indole, interessi, abilità ed emozioni e che quindi esistano bambini-larici e bambine-quercia, bambine-betulla e bambini-sequoia, tutti ricchi di differenze che portano e condividono liberamente nel mondo e che non possono essere soppiantati da artificiosi quanto noiosi viali di alberi tutti uguali, ben potati e che se ne stanno al loro posto fino alla prossima tempesta che li potrebbe spazzare via.
  • Secondo me l’adulto che accompagna i bambini e le bambine nel selvatico deve avere come caratteristiche principali: l’osservazione (partecipante) e la passione giocosa per la scoperta 
  • Un k-way/giacca impermeabile perchè non c’è cosa più bella, divertente e affascinante che starsene nel bosco e in natura sotto la pioggia. E dato che il cattivo tempo non esiste, meglio avere un ottimo equipaggiamento. Un oggetto di qualsiasi tipo che rappresenta la propria passione o il proprio interesse innato, perchè può rappresentare un punto di partenza e di ritorno per ampliare quella conoscenza, condividerla con gli altri o ritornarci in solitudine per continuare la propria personale esplorazione. E infine tanto spazio libero da riempire con reperti e tesori trovati nel selvatico e che il bambino o la bambina (ma anche l’adulto) ritengono significativi e degni di interesse o di curiosità.
  • Non avendo esperienza di un’equipe di questo tipo, ogni volta che ho provato ad immaginarmela assomigliava molto ad una foresta: ogni individuo che la compone è unico e ha delle conoscenze e delle abilità specifiche che mette al servizio degli altri in modo disinteressato e anzi volto alla condivisione. Penso che un’equipe debba camminare su due sentieri: quello del mutuo appoggio e quello dell’autogestione, in maniera che nulla possa far nascere gerarchie insopportabili e/o decisioni non condivise. Penso che i ruoli debbano avere confini labili e che soltanto l’esperienza e le capacità possano determinarli. Un’equipe è una foresta con tanti organismi viventi al suo interno, qualcuno è un grande albero che ha visto tantissimi inverni e può osservare dall’alto la meraviglia e qualcun’altro è il piccolo scoiattolo che ci si arrampica per condividerne la veduta magnifica; forse qualcun’altro ancora è un ramo spezzato dopo un temporale, che può divenire strumento per costruirsi un rifugio per nascondersi, accendere un fuoco per riscaldarsi o una spada per sconfiggere creature mostruose che nessuno vede ma che esistono ugualmente.
  • I motivi sono di semplice individuazione nonostante tutta la loro portata emotiva e la convinzione che li muove. Mi sto avvicinando e formando in Pedagogia del bosco e nonostante l’esperienza con i bambini e le bambine della fascia 3-6, sono curioso e affascinato nel seguire un percorso di pedagogia nel selvatico con bambini/e più grandi, per vedere coi miei occhi e toccare con mano le possibilità e le difficoltà che un tale approccio educativo-pedagogico possono manifestarsi in un sentiero scosceso quanto inesplorato come questo, così lontano dalla strada già battuta e sicura dell’educazione e dall’istruzione tradizionale. E poi perchè credo fortemente che tutti e tutte, al di là dell’età, hanno bisogno di continuare ad educarsi liberamente a contatto con la natura.

Pubblicato da Stefano

Chi sono? Domanda troppo difficile a cui rispondere. Per farla il più semplice possibile mi chiamo Stefano, sono una creatura selvatica di 28 anni e da che ho ricordo amo stare all'aperto, a contatto con l'ambiente naturale e soprattutto camminare nei boschi e in montagna. Il grande gioco della vita mi ha portato sui sentieri dell'educazione in natura e della pedagogia del bosco, ambito in cui sono attualmente in formazione. Prima di questo ho fatto tante cose, alcune più interessanti di altre e ho seguito quasi sempre i miei interessi, le mie passioni e la mia motivazione intrinseca, dall'antropologia alla controcultura punk per citare due degli ambiti che mi hanno formato come individuo negli ultimi dieci anni della mia vita, sempre accompagnato da una profonda tensione anarchica, una spontanea coscienza ecologista, una radicale critica alla civilizzazione e la curiosità verso tutte le forme in cui si incarna e manifesta la selvatichezza e il non-addomesticamento dell'essere umano, degli animali e della natura.