Roberta Chiroli, un’ex studentessa di Antropologia all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, è stata condannata a due mesi di reclusione dal tribunale di Torino per “concorso morale alle azioni di disturbo del movimento”. Infatti, l’ex studentessa è stata accusata e condannata per aver partecipato, in veste di ricercatrice laureanda, alle manifestazioni No Tav avvenute il 14 giugno 2013 in Val di Susa e soprattutto per aver usato nella sua tesi di laurea, dal titolo “Ora e sempre No Tav: identità e pratiche del movimento valsusino contro l’alta velocità”, il pronome personale “Noi” per riferirsi ai fatti narrati, dimostrando, secondo il gup di Torino, la sua partecipazione attiva alle azioni sovversive del movimento. Ora subentra però il tema a cui fa riferimento il titolo di questo articolo: si può condannare una ricercatrice di antropologia per concorso morale alle azioni sovversive del movimento No Tav senza tener conto dell’osservazione partecipante?
Iniziamo spiegando cosa si intende per “osservazione partecipante”. L’osservazione partecipante è stata teorizzata dall’antropologo austriaco Bronislaw Malinowski negli anni 20 del’900, ed è un metodo di ricerca etnografica che si basa sulla necessità di trascorrere un lungo periodo di tempo a contatto diretto, costante e quotidiano con la comunità e la cultura soggetto dello studio. Questa costante partecipazione alla vita quotidiana della comunità permette all’antropologo di far suo il punto di vista della cultura studiata , cessando di essere un elemento estraneo per rendersi conto “della loro visione del loro mondo”, parafrasando proprio Malinowski. L’osservazione partecipante permette in questo modo di conoscere e comprendere direttamente la comunità studiata attraverso la prospettiva emica, ovvero il fatto che una cultura sia comprensibile solamente dal suo interno.
Come dice anche l’antropologo italiano Marco Aime nel suo articolo su “Il Fatto Quotidiano” inerente a questo fatto, “se uno studia i No Tav non necessariamente deve esserlo” e soprattutto “è normale che una giovane ricercatrice sia attratta da una comunità che rivendica un diritto di scelta sul proprio territorio”. E’ però importantissimo sottolineare inoltre come la studentessa non abbia mai concretamente partecipato alle azioni sovversive, ma si sia semplicemente limitata a seguire le manifestazioni per raccogliere informazioni sul movimento No Tav, soggetto della sua tesi di laurea.
Risulta quindi fin troppo in linea con il clima repressivo delle istituzioni nei confronti del movimento No Tav la condanna a 2 mesi di reclusione per Roberta Chiroli, per il semplice fatto di aver partecipato in qualità di osservatrice e ricercatrice, e quindi non di militante, alle manifestazioni in Val di Susa del 2013. Questa condanna, oltre alla totale ignoranza nei confronti di una pratica di ricerca antropologica che sta alla base del metodo etnografico, è un chiaro e diretto attacco al diritto di studio e di ricerca.
Citando sempre direttamente Marco Aime: “Di cosa dovrebbero occuparsi allora i giovani dottorandi che vogliono fare ricerca per non essere puniti? Cosa dovrebbero fare gli antropologi? Rimanere chiusi in università, ignorare il mondo fuori?”